Fulvio Pischedda, executive chef dell’Hotel Noliski di Parigi
3 Ottobre 2018 Autore: Valentina Cugusi 1
Partito dall’Italia subito dopo il diploma al liceo scientifico, Fulvio Pischedda, 30 anni, di Tempio Pausania è oggi lo chef dell’Hotel Nolinski, rinomato hotel di lusso a due passi dall’Opera di Parigi.
Una carriera impressionante, cominciata come lavapiatti e senza nessuna preparazione alle spalle.
Determinazione e umiltà l’hanno portato dalla cittadina di Menton a Montecarlo, dalla catena Beef Bar – sparsa in tutto il mondo – all’Atelier Etoile de Joel Robuchon, fino a diventare secondo dello Chef Filippos Chronopoulos. Da lì, il passo verso la sua prima direzione è breve: prenderà presto l’incarico di chef di cucina della Evok Hotel Collection per poi approdare al prestigioso Hotel Nolinski di Parigi.
Se non avesse fatto lo chef, cosa sarebbe diventato Fulvio Pischedda?
“Da piccolo, avevo la passione degli aerei di linea e dei motori. Forse sarei diventato pilota di linea ma all’età di 19 anni ho fatto una “riconversione professionale”, mi sono diplomato al liceo scientifico e proprio prima di incominciare la mia carriera da cuoco, ho fatto per un po’ il croupier a Dublino.
Hai lavorato all’Atelier Etoile de Joel Robuchon, lo chef più stellato al mondo. Cosa porti sempre con te dopo questa esperienza?
“Sì, l’Atelier Etoile de Joel Robuchon è un bellissimo atelier situato sugli Champs Elysees proprio di fronte L’Arc de Triomphe. E’ stata un’ esperienza straordinaria, durata quasi 2 anni; ho iniziato come capo partita per finire come Secondo Chef di cucina. Ai tempi, era ancora un 2 stelle Michelin.
Porto con me tutta la passione che mi é stata tramandata, il rispetto dei prodotti, il cucinare delle ricette tradizionali e semplici con le migliori tecniche esistenti sul mercato.
Gli chef erano molto severi, duri, ma allo stesso tempo erano degli amici, passavamo tutta la giornata insieme.
I clienti erano incantati nel vederci cucinare: la cucina era a vista e molti li ritrovavamo in cucina a scattare delle foto con noi, mentre stavamo cucinando per 80 persone.”
Cosa non deve mai mancare nella tua dispensa personale?
“Non mi deve mai mancare dell’aceto e del buon olio d’oliva, i miei ingredienti indispensabili per le insalate casalinghe, il formaggio bianco 0% grassi e le marmellate fatte in casa da mia mamma con i frutti della campagna.
Ancora il caffè, é mia abitudine ogni mattina berne uno, mentre controllo il mio profilo Instagram.”
Cosa fa di un prodotto un’eccellenza agroalimentare, secondo te?
“Un’eccellenza sono i prodotti che hanno una storia, una storia vera, una tradizione tramandata. Certo nel tempo dobbiamo innovare, ma le migliori tecniche di produzione o trasformazione per me sono le antiche.
Un semplice uovo di una gallina allevata all’aria aperta, al naturale, é un’ eccellenza agroalimentare, come il latte. L’italia è una delle patrie mondiali dell’eccellenza gastronomica e, a livello di prodotti, la Sardegna ha un altissimo livello.
Anche l’esclusività gioca molto su un’ eccellenza, se chiunque può trovare un prodotto da qualsiasi parte si trasforma già in industriale.”
Hai un’idiosincrasia in cucina?
“La mia paura più grande è lavorare o collaborare con persone non appassionate. Nella mia cucina ho una brigata di 16 cuochi, tutti innamorati di quello che fanno e questo mi rende felice.
La pulizia in cucina è imprescindibile, sono un maniaco. Il pavimento dev’essere bianco prima e dopo il servizio, questa é una carta da visita del ristorante. Adoro l’ordine. La cucina deve profumare, dobbiamo metterci sempre nei panni di un cliente che viene a trovarci. Che figura faremmo con i clienti che trovano la cucina trasandata o non perfettamente pulita?”
Il tuo cavallo di battaglia?
“Qui nel ristorante dell’Hotel Noliski il mio cavallo di battaglia sono le lasagne, una ricetta originaria di mia nonna che ho migliorato con tecniche imparate nel mio percorso. Ho un altro punto di forza nelle carni stracotte in salsa come, ad esempio, le guance di manzo, all’antica, cotte in casseruola in ghisa, dopo averle passate in forno per almeno 6 ore a bassa temperatura.”
L’ultima cosa che hai mangiato?
“Questa mattina un formaggio bianco 0%, con dei frutti rossi e qualche scaglia di cioccolato.”
Riesci a “contaminare” la blasonata cucina francese con il tuo inconfondibile “spirito sardo”?
“Certamente, ma non sui piatti tradizionali. Non mi permetterei mai. In molte mie creazioni inserisco ingredienti sardi, come il pane carasau, la fregola, l’elicriso e il miele.
I francesi amano la cucina italiana, quindi spesso creo degli speciali come i ravioli fatti in casa farciti con vitella e pere, guarniti con salsa agrodolce alle noci.”
Vuoi lasciare ai lettori del blog un piccolo, prezioso, consiglio di cucina?
“Vi regalo 2 semplici consigli che spero possano fare felici i vostri lettori: per fare delle buone patatine fritte croccanti in casa, bisogna farle bollire in acqua, e poi fare 2 fritture, una a bassa temperatura 120° circa, e una successiva an 190° circa.
Per fare in modo che la vostra mayonnaise fatta in casa non si separi, mettete l’olio in freezer per un paio d’ore o in frigo tutta la notte prima di usarlo.”
In attesa di una tua ricetta con la fregola integrale, ti salutiamo con l’augurio di incontrarti presto a Cagliari!
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